Stefano Masetti è uno degli chef che fa parte della scuderia di Otto in Cucina dove ha tenuto e tiene diversi corsi particolari come quello sui cereali, sul miele, sulla "Cucina agrodolce" e "Non il solito pesto".
Noi lo chiamiamo "lo chef alternativo" per lo stile di insegnamento e per l’originalità delle ricette proposte. Il suo marchio di fabbrica, infatti, è quello di creare un ambiente rilassante durante la lezione attraverso lo stile pacato e un piacevole sottofondo musicale, durante il quale è molto prodigo di consigli e spiegazioni sulla versatilità delle tecniche culinarie, aprendo così dialoghi e conversazioni con gli allievi.
Origini ferraresi, attento professionista, lunga esperienza e passione per ingredienti semplici e genuini. Per Masetti la cucina, prima di diventare il lavoro della sua vita, è stata una necessità e un mezzo per mantenersi in un Paese lontano dall’Italia. Racconta, infatti, che durante uno dei suoi viaggi all’estero, decise di prolungare il soggiorno e dovette lavorare in ristoranti italiani, pulendo verdure e facendo altri lavori umili.
Tornato in Italia, frequenta il corso serale presso l’Istituto alberghiero di Ferrara ma poi consegue il diploma all'IPSAR di Cervia dove, intanto, si è trasferito per lavorare come cuoco in un noto ristorante locale. In questi anni, tra studio e pratica, la cucina diventa il lavoro della sua vita e, con il tempo, si arricchisce con stage formativi, ricerca e studio di testi, con fiere di settore ma - soprattutto - lavorando in diversi ristoranti a contatto con chef e i colleghi.
«Per me - afferma Masetti – accanto alla tecnica professionale ed alla conoscenza dei 5 gusti fondamentali, è necessario creare una sinergia con tutti i produttori e fornitori di prodotti enogastronomici della zona in cui lavoriamo. Il risultato è una cucina identitaria, che racconti le tradizioni e le unicità di quella gente».
Il confine tra tradizione ed innovazione in cucina, per Stefano, è molto stretto perché, anche se ritiene che si possa innovare adoperando macchinari altamente tecnologici o investendo nella formazione delle risorse umane, non si fa altro che tramandare qualcosa che già esiste e che viene solo presentato in modo diverso, accorciando i tempi di esecuzione.
Gli stessi ingredienti tipici della sua cucina non sono prodotti stravaganti ma è abituato a lavorare con una dispensa molto esigua in cui non mancano mai elementi semplici come l’aceto di vino, il miele e la farina. Il resto lo compiono il talento e la vena creativa del cuoco.
Gli abbiamo chiesto quali sono le doti che deve avere un bravo chef e cosa consiglia ai giovani che vogliono intraprendere questo lavoro. «Sicuramente – dice – è necessaria una spiccata sensibilità, una sana pazzia e molta fantasia. Poi mettiamoci un pò di coraggio nell'armeggiare con fuoco, temperature e coltelli affilati e la consapevolezza che, mentre tu fai tutto questo, gli altri amici si divertono. L’unico consiglio che potrei dare è quello di non diventare chef a meno che non lo si abbia come vocazione».